Nel 354 d.C. a Tagaste, nell’odierna Algeria, nasce una stella, Agostino d’Ippona vescovo e dottore della Chiesa. Vi parlo di Agostino non solo perché è ricordato come santo e apprezzato per i suoi scritti, ma anche per la sua risposta alla domanda: Che cosa è il tempo?
Agostino così risponde: Se non me lo chiedi so cos’è, ma se me lo chiedi non lo so più.
Possiamo quindi leggere questa definizione di Agostino attraverso la concezione di tempo di Einstein. Einstein definiva il tempo come qualcosa di relativo allo spazio in cui esso scorre.
“Il tempo in assoluto non esiste, il tempo vive nello spazio”, e lo avrebbe posto anche in relazione alla gravità.
È un fenomeno affascinante, per esempio, quello per cui, al centro della terra dove la gravità è molto forte, il tempo scorre più lentamente, rispetto invece all’Everest, dove la gravità è meno potente e il tempo scorre più velocemente. Quindi il tempo è sempre in relazione allo spazio. È fantastico tutto questo, perché anche nel cervello possiamo dire che si verifica un fenomeno analogo.
Oggi sappiamo che ci sono delle aree del cervello preposte al controllo della percezione del tempo. Abbiamo per esempio il cervelletto, un organo così complesso che contiene, pensate, la metà dei neuroni contenuti nella scatola cranica. È proprio il cervelletto, per esempio, quello che ti consente di chiudere la portiera della macchina senza schiacciarti le dita tra la portiera il telaio. Pensate in quanti microsecondi lui calcola nello spazio tempo per consentirti di fare il movimento di apertura chiusura rimanendo illeso.
Ma ci sono nel nostro cervello altri organi importanti che sono preposti al controllo del tempo. Per esempio i nuclei della base, che sono una struttura implicata nella fisiopatologia della malattia di Parkinson. È il neurotrasmettitore dopamina ad essere alla base di questo tipo di funzionamento. Noi ci muoviamo in modo automatico senza stare a calcolare come spostiamo i nostri arti inferiori e i nostri arti superiori, grazie ai nuclei della base che danno una sorta di timing, scandiscono, cioè il tempo nello spazio in cui ci noi ci muoviamo. Ecco qui che tempo e spazio anche per i nuclei della base hanno un preciso significato.
Ma possiamo parlare di un altro organo importante per il nostro funzionamento cerebrale, quello più evoluto. Stiamo parlando della corteccia prefrontale, quella destra.
Qui riprendiamo un concetto già affrontato, quello di essere capaci di stare nel presente; quando diciamo questo, diciamo che siamo capaci di stare nel qui e nell’ora. Il concetto di spazio e tempo che nella nostra percezione si palesa, in un momento in cui, riusciamo ad essere lì, in quello spazio e in quel tempo. Lo stesso Einstein in modo più semplice nei suoi aforismi ci dice che il tempo è relativo. L’unico valore lo possiede nel momento in cui trascorre, mentre stiamo facendo qualche cosa.
Il significato del tempo nella relazione.
Possiamo stare nella relazione, istante dopo istante in quello spazio tempo; possiamo stare attenti, focalizzati davanti all’interlocutore e pensare, riflettere sui contenuti che ci si sta scambiando.
Quante volte ci distraiamo per pensieri che subentrano e che si inseriscono, che ci defocalizzano. Ecco qui che ritorna la prefrontale, che guarda caso fa parte della neocorticale che è proprio il cervello più evoluto, in grado di poterci riposizionare sempre al centro. È in grado di poter guardare al pensiero che incide, il pensiero parassita, spengerlo e così stare nello sguardo di chi ci guarda, nelle pulsioni di chi ci emoziona e quindi stare nell’entusiasmo dello stimolo che ci proviene dall’esterno.
È facile a questo punto introdurre il paradosso della vacanza. Quanto non siamo stati capaci di stare nell’istante quando eravamo in vacanza, quando, paradossalmente il cervello lo avrebbe saputo fare meglio di noi! Quanti hanno avuto l’esperienza di ricordarsi un momento vacanziero in modo così fervido, così ricco di particolari, di emozioni, di sensazione anche di immagini quasi a diradare il tempo ad allungarlo. Magari in quel momento, mentre essi vivevano tutte quelle emozioni, forse il tempo scorreva velocemente, come dire che la memoria cristallizza quel momento e permette di riviverlo come nel riavvolgimento di un nastro, in un modo molto più diluito.
Questo è ciò che volevo dirvi a proposito della percezione del tempo, un tempo che a quel punto è un tempo illusorio, un tempo creato dalla mente, recuperato dalla memoria, dentro il quale spesso noi ci rifuggiamo. Ma è un tempo vero? No. È un tempo estrapolato dallo spazio. È un tempo illusorio, un tempo della mente.
Quanti invece hanno vissuto l’esperienza di stare molto più con il cervello predisposto verso l’emozione rabbia, verso l’emozione tristezza. Queste emozioni sono collegate a una sensazione di percezione del tempo diluita, allungata. Il tempo trascorre più lentamente quando vive queste emozioni. Al contrario la gioia che è una emozione opposta, il tempo lo accelera.
Un altro esempio, quando noi pensiamo di non piacere agli altri, rispetto ai canoni sociali, il tempo rallenta, diventa insormontabile, ci dispiace proprio che il tempo non passi. È incredibile ciò che hanno dimostrato alcuni studi. Con la temperatura corporea, con l’aumentare dei gradi centigradi del nostro corpo, avvertiamo che il tempo accelera. Il tempo è relativo, è qualcosa di estremamente fugace.
L’unica cosa che possiamo dire che esiste il presente nel momento in cui noi lo viviamo, nello spazio della relazione come direbbe Einstein.
Concludo con un aforisma di Lao Tzu, fondatore del Taoismo nel quinto secolo a.C. Egli diceva che se sei nel presente, solo se sei presente, stai realmente vivendo. È questa una conclusione che lascia spazio alla speranza, alla possibilità di riportarci nel presente attraverso degli esercizi.
Vi lascio ad un concetto che è quello della capacità di prendere il pensiero, diluirlo e accompagnarlo con l’accettazione non giudicante, per riposizionarci nel qui e ora. Questo è il processo della mindfulness, della meditazione, in cui proprio la prefrontale gioca un ruolo fondamentale.