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Questa riflessione nasce all’interno di un territorio, quello artistico, che fa dell’artificio e quindi della pratica la sua espressione privilegiata.

Senza entrare nell’ermeneutica di un’opera d’arte e senza alcuna pretesa di costringere alla convivenza due sguardi, quello del regista e quello di chi pratica la meditazione Mindfulness, verso la realtà interpretata o raccontata, è possibile cogliere in questa esperienza artistica del 1928, uno spunto di riflessione.

Sul set del film muto La passione di Giovanna D’Arco, durante le riprese di una scena drammatica, una mosca va a posarsi sul volto sofferente della protagonista, l’attrice Renée Falconetti.

Il regista danese Carl Theodor Dreyer non interviene tagliando le inquadrature o rifacendo la scena. Accetta l’irruzione del caso. Integra e accoglie il non previsto. Lascia spazio alla contingenza, a ciò che non può non esserci perché già accaduto.

A volte capita che un avvenimento possa essere letto come un invito a cambiare prospettiva sulle cose che emergono nella nostra quotidianità.

Ricordare questo episodio della storia del cinema, può essere cioè un pretesto che, senza forzature, può fornirci una chiave di lettura da utilizzare quando ci troviamo di fronte a qualcosa che non va come noi pensiamo debba andare.

Possiamo trovare, come in questo caso nella scelta di un regista, l’azione individuale, l’atto di accogliere e accettare l’avvenuto, come espressione di piena consapevolezza dell’accadere, stato coltivato nella Mindfulness.

Ciò che avviene, quella mosca che entra nella scena, modifica il progetto e nella sorpresa dell’imprevisto, invece di eliminare, il regista sceglie di comprendere.

Comprendere inteso nei due significati: prendere insieme e capire.

Nella prima intenzione il non previsto entra nella scena e ne diventa parte, nella seconda la scelta comprensiva, il significante, investe il significato, esponendo la scena per ciò che è.

“L’opera d’arte… appare radicalmente esposta all’evento fortuito che si dona, alla nuda contingenza che irrompe a partire da un fuori ignoto e incontrollabile ove domina incontrastata l’equiprobabilità dell’accadere”. 1

In questi passaggi, l’imprevisto che emerge e la scelta di accoglierlo ci portano ad immaginarci anche noi capaci di farci registi e attori del nostro film, di fronte a volte ad una mosca che imprevista e non richiesta ci cambia i piani.

L’evento che irrompe, l’incontro inaspettato, il contrattempo.

Esercitarci nella consapevolezza, praticare attenzioni e cure verso se stessi, praticare la meditazione Mindfulness, esercitare lo stato di presenza sono modi per far luce sulla serena accoglienza della “mosca”, e soprattutto ci allenano a riconoscere che la mosca fa parte del film e noi spesso siamo in relazione alla mosca e alle reazioni che la mosca può attivare.

La serena accoglienza non è da confondersi con attività passiva, tutt’altro. È accogliere ciò che non si può cambiare e integrarla intenzionalmente in qualche modo nella nostra vita.

Senza sforzo, con curiosità e con fiducia coltiviamo il condividere la scena con la mosca, consapevoli che ciò che avviene, il nostro film, non dipende solo dalle nostre decisioni, ma deve fare i conti con l’altro che arriva e si presenta imprevisto.

E il film non è solo il nostro accadere, ma l’accadere dell’altro. E in un certo senso il film comprende tutte le storie, quella nostra e quella della mosca.

Questa visione permette il passaggio dalla posizione di chi decide come qualcosa debba andare, alla posizione di chi si limita ad avere un’intenzione.

Si limita, ma nello stesso tempo si allarga alla comprensione di tutto ciò che emerge dall’esperienza, una volta messa in secondo piano la rigidità del progetto.

Quando programmiamo la nostra giornata, o qualche singolo avvenimento, esercitando l’azione esigente del controllo, qualche mosca può interrompere un disegno, mentre quando esercitiamo un’intenzione ci presentiamo accoglienti verso l’esperienza.

Una domanda intrigante viene posta nel testo che Massimo Carboni, professore di Estetica e storico dell’arte, dedica alla mosca di Dreyer: la mosca si posa sul viso di Giovanna d’Arco o sul viso dell’attrice Renée Falconetti?

La risposta forse definisce un ulteriore campo d’indagine. Quando un imprevisto ci coglie di sorpresa che cosa colpisce? Il nostro essere autentico o l’idea che abbiamo di noi stessi, la faticosa costruzione di ciò che pensiamo di essere? Domande che ci accompagnano ogni volta, non solo quando una mosca interferisce con i nostri piani, ma in qualsiasi evento ci troviamo a vivere.

Nella maggior parte dei casi attiviamo l’attaccamento, nel quale abbiamo piacere ad indugiare, oppure l’avversione dalla quale rifuggiamo.

Entrambi questi stati sono all’origine della sofferenza, secondo la Mindfulness.

Nel primo caso la sofferenza arriva quando ciò che mi piace svanisce, nel secondo quando dimentico che ciò che non mi piace passerà. Ecco allora che possiamo forse intuire che la mosca non si è posata su di noi, ma sul personaggio che interpretiamo.

Essere ampi e spaziosi, essere ospitali, può significare favorire una trasformazione che agisce nel nostro profondo, sfuocando l’esigenza di avere tutto sotto controllo. Ed essere al contempo gentili e grati, a volte anche di una mosca, ci permette di superare la tendenza a vivere le esperienze e le persone per categorie.

Questo può essere utile, in quanto facciamo spazio alla sorpresa, quella sorpresa che ci coglie quando il programma che inavvertitamente cambia può magari risultare più salutare per noi di quello che è stato pensato.

Istante dopo istante, infiniti futuri ci aspettano. La possibilità che ci vengano incontro le cose che desideriamo forse può essere favorita coltivando la consapevolezza delle nostre sensazioni, delle nostre emozioni e dei nostri pensieri. In questo modo la nostra energia non passerà nel gesto di scacciare la mosca, ma nell’attività creativa dell’andare avanti nonostante la mosca.

1 Massimo Carboni – La mosca di Dreyer. L’opera della contingenza nelle arti, pag. 10, Editore Jaca Book Milano, 2007.

3 Giugno, 2021

Dalla mosca di Dreyer alla Mindfulness: l’arte di accogliere l’imprevisto

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